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La DBS adattativa migliora le cure per il Parkinson

Il nuovo sistema “made in Italy” rende più efficace la cura del Parkinson. È la nuova stimolazione cerebrale profonda adattativa (aDBS) che si adatta al paziente.

La DBS adattativa è l’ultima novità in fatto di terapie contro il Parkinson. La nuova metodica induce una stimolazione che si adatta continuamente alla condizione del paziente.

La sperimentazione coordinata dall’Università di Milano è stata condotta su pazienti con malattia di Parkinson. I risultati sono stati pubblicati sulla rivista scientifica Neurology.

Cos’è la DBS?

La stimolazione cerebrale profonda altrimenti nota come DBS (Deep Brain Stimulation) è ormai da molti anni il trattamento d’elezione per la malattia di Parkinson. Soprattutto quando i farmaci perdono il loro effetto.

La DBS convenzionale consiste nell’impianto chirurgico di due elettrodi all’interno di una specifica zona del cervello (subtalamo). Elettrodi che poi vengono connessi con sottili cavi a un piccolo stimolatore messo sotto la pelle vicino alla clavicola.

In questo modo la stimolazione dura da 3 a 5 anni in ogni pazienti. Poi la pila deve essere sostituita con un piccolo intervento.

«La DBS convenzionale ha costituito il maggiore progresso della terapia del Parkinson negli ultimi venti anni. Ha rivoluzionato completamente la qualità della vita dei pazienti in fase avanzata di malattia con scarsa risposta ai farmaci». Lo spiega Paolo Rampini, direttore della Unità di Neurochirurgia del Fondazione IRCCS Ca’ Granda Policlinico di Milano.

Limitazioni della DBS convenzionale

«Dopo venti anni dalla sua introduzione, tuttavia, si sono manifestati alcuni limiti della metodica convenzionale. Primo fra tutti il fatto che la stimolazione viene erogata in modo costante al cervello del paziente. Con una intensità, per forza di cose, media» continua Rampini.

La malattia di Parkinson nelle fasi avanzate è però una malattia fluttuante, che può cambiare lo stato del paziente. In pochi secondi si passa dal blocco totale a movimenti involontari molto invalidanti.

La nuova aDBS: stimolazione cerebrale profonda adattativa

Per superare questa limitazione un gruppo di ricercatori italiani a Milano sta lavorando alla cosiddetta DBS adattativa o aDBS. Cioè una stimolazione che si adatta continuamente, momento per momento, allo stato clinico del paziente.

Il gruppo è guidato da Alberto Priori del Centro di Ricerca “Aldo Ravelli” per le Terapie Neurologiche Sperimentali dell’Università degli Studi di Milano presso l’ASST Santi Paolo e Carlo.

La DBS adattativa, a differenza di quella convenzionale, si adatta in modo automatico alle necessità cliniche del paziente. Lo stimolo elettrico varia in base all’attività cerebrale rilevata secondo per secondo. In questo modo è sempre calibrata per lo stato del paziente.

I risultati del primo studio al mondo sulla DBS adattativa (aDBS)

Sulla rivista Neurology (https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/29444973) sono stati pubblicati i risultati del primo studio che ha testato il sistema di DBS adattativa (aDBS) made in Italy. Per 8 ore 13 pazienti con malattia di Parkinson sono stati monitorati. I loro dispositivi aDBS erano stati impiantati presso l’Unità di Neurochirurgia del Policlinico di Milano.

Lo studio dimostra che la DBS adattativa induce un miglioramento comparabile a quella convenzionale, è sicura e ben tollerata. Ma in più riduce il consumo della batteria e soprattutto riduce gli effetti collaterali comuni di quella convenzionale. Come per esempio i movimenti involontari osservati quando l’azione del picco dei farmaci si somma alla stimolazione costante.

Gli stimolatori impiantabili per aDBS sono prodotti da uno spin-off dell’Università degli Studi di Milano e del Policlinico di Milano, Newronika, fondato da Alberto Priori. Essi saranno pronti per essere commercializzati ed impiantati nei pazienti entro i prossimi 18-24 mesi.

DBS adattativa: una ricerca italiana

La ricerca sulla DBS adattativa ha coinvolto la Fondazione IRCCS Ca’ Granda Policlinico di Milano e l’Università degli Studi di Trieste. Oltre a centri di fama internazionale nell’ambito della DBS, come le Università di Toronto, di Grenoble e di Wurtzburg.

Commenta Alberto Priori: «Siamo estremamente soddisfatti dei risultati che stiamo ottenendo. Tutto è cominciato grazie al lavoro di un gruppo di giovanissimi nel nostro primo laboratorio. Giovani che oggi si presentano come protagonisti di un’importantissima scoperta. Una scoperta che sarà in grado di contrastare il Parkinson in modo ancora più efficace» conclude Priori.

Sara Marceglia, docente di Bioingegneria all’Università di Trieste, aggiunge: «Ormai i progressi della medicina sono possibili solo grazie alla collaborazione multidisciplinare tra ingegneri e medici. I nuovi programmi universitari dovrebbero introdurre meglio la possibilità di tale collaborazione» afferma la docente.

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