
Disturbi cervicali nel Parkinson
Oltre alle molto note problematiche di cadute, difficoltà a camminare e a iniziare un movimento, sono ancora poco note invece le disfunzioni secondarie ai vari atteggiamenti posturali che il paziente ha. (a cura del Dr. Daniel Di Segni)
I disturbi cervicali nei pazienti parkinsoniani sono facilitati da un atteggiamento posturale chiamato “camptocormico”. È una condizione di posizionamento dei vari arti e della colonna in una tipica posizione sia durante la marcia sia durante la stazione eretta:
- Capo flesso in avanti
- Tronco in chiusura in avanti
- Braccia attaccate al corpo con intrarotazione delle spalle e flessione dei gomiti
- Gambe in flessione sia di anca che di ginocchio, con una base d’appoggio ridotta a causa dell’adduzione dei femori e piedi ruotati all’infuori
Andremo qui a esaminare solamente ciò che coinvolge il rachide cervicale e quali sono i problemi secondari che subentrano nel paziente con malattia di Parkinson, come i disturbi cervicali.
Disturbi cervicali nel Parkinson
Come abbiamo detto, la presenza di questo tipico atteggiamento camptocormico induce un progressivo e continuo accomodamento da parte del collo e del torace. Questo, per mantenere inalterato il sistema visivo attraverso l’orizontalizzazione dello sguardo.
Mantenere lo sguardo a terra anche in riabilitazione neuromotoria è un concetto molto importante. Infatti, spessissimo il paziente con Parkinson presenta un progressivo incurvamento del collo andando sempre a “guardarsi i piedi” e rendendo quindi facile la perdita di equilibrio.
Ma veniamo a tutto ciò che riguarda la postura, il collo e i disturbi cervicali.
Il problema principale che mi trovo a trattare con questo genere di pazienti è proprio la difficoltà nel reclutamento motorio di tutta la muscolatura che estende il capo e il collo. Tendendo sempre più verso l’avanti, il paziente perde la fisiologica curva lordotica cervicale, con conseguente alterazione posturale.
Infatti, sono molto frequenti nei pazienti fenomeni di discopatia come protrusione discale ed ernia. Questo avviene perché il mantenimento della posizione flessa in avanti da parte del paziente induce una grande tensione sui dischi intervertebrali. Ciò va a determinare una pressione anteriore che provoca la fuoriuscita del disco posteriormente.
Pochi parlano di disturbi cervicali in pazienti parkinsoniani e, secondo me, è un errore. Perché queste patologie influiscono sulla mobilità fine (sappiamo tutti l’importanza della gestualità e della prensilità in pazienti con Parkinson) generando condizioni come dolore, scosse elettriche e parestesie lungo l’arto superiore.
Anche i muscoli possono essere coinvolti
Oltre ai disturbi che coinvolgono il disco, spesso sono implicati i muscoli (o sarebbe meglio chiedersi se sono loro i colpevoli delle discopatie?) che comunque hanno un’alterazione che proviene dal sistema nervoso centrale.
Mi sono trovato spesso a riabilitare pazienti trattati con farmaci con levodopa. A volte per muoversi e compiere alcune attività di vita quotidiane dovevano assumere una quantità tale di levodopa che generava paradossalmente i movimenti coreitici (malattia extrapiramidale come il Parkinson, generata però da un aumento della dopamina).
Infatti sono presenti torsioni, continui spasmi della muscolatura soprattutto anteriore con conseguente stabilizzazione del rachide cervicale o in rotazione o in inclinazione (ciò dipende dal grado di responsabilità che si ha sul muscolo sternocleidomastoideo).
Non sono rari infatti fenomeni di retrazione muscolare che coinvolgono proprio i muscoli del collo. La qual cosa genera non solo dolore nel paziente, ma impedisce anche i movimenti fisiologici che permettono di guardare e relazionarsi normalmente con l’ambiente circostante.
Per questo motivo il mio consiglio è di farsi seguire sempre da un fisioterapista. Il Parkinson è una malattia degenerativa e progressiva, ma attraverso le mani esperte di un terapista non solo si eviteranno i disturbi come retrazioni muscolari e discinesie, ma anche salvaguardare la salute dei dischi intervertebrali.
Esistono poi in terapia manuale alcune tecniche adatte proprio per ridurre lo spasmo e la continua contrazione dei muscoli. Queste tecniche però devono adattarsi alla componente ipertonica del sistema neurologico parkinsoniano.
Dr. Daniel Di Segni
Dottore in Fisioterapia, Terapia Manuale, Rieducazione posturale, Riabilitazione post-chirurgica
Visita il sito: http://www.cervicalevertigini.it/
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buon giorno , sono il marito di una signora affetta da M.S.A. in fase molto avanzata e non sto a spiegare tutto ciò che ci sarebbe da correggere, dico solo che data la loro efficacia (solo negativa ) con lo staff del prof. Calabresi (rep. neurologico )P G abbiamo sospeso tutte le cure farm. tentate invano su di lei. Oggi mi interesserebbe avere la possibilità di correggere (data la grande rigidità ) l’ incurvamento della testa in avanti in maniera tanto marcata . purtroppo per le tante altre cose ci vorrebbe un miracolo. Grazie Angelo Romani
L’MSA è un parkinsonismo, ovvero una malattia neurodegenerativa che presenta molti sintomi simili a quelli della malattia di Parkinson, ma che colpisce il sistema nervoso centrale in maniera più ampia e più grave, ed ha una prognosi peggiore. È una patologia non così rara. Classicamente, tre entità sono raggruppate sotto la dizione di MSA: la degenerazione striato-nigrica, la malattia di S.-Drager e la forma sporadica di atrofia olivopontocerebellare. La MSA è caratterizzata clinicamente dalla combinazione variabile di segni parkinsoniani, autonomici, piramidali e cerebellari. La terapia farmacologica è aspecifica, spesso si utilizzano farmaci che hanno come indicazioni la malattia di Parkinson (levodopa, amantadina, rasagilina), ma l’efficacia è scarsa.
Sono sicuramente importanti le sedute di fisioterapia.