Come si cura la scialorrea

Come si cura la scialorrea nel Parkinson?

Come si cura la scialorrea, uno dei sintomi di Parkinson più fastidiosi, soprattutto per gli anziani? Stiamo parlando dell’eccessiva produzione di saliva, un disturbo che, se da punto di vista medico non ha di per se grosse conseguenze, le ha dal punto di vista sociale e personale. Spesso infatti, la scialorrea porta con sé una buona dose di vergogna che spinge chi ne soffre a isolarsi.

Cos’è la scialorrea

Per capire come si cura la scialorrea, dobbiamo sapere come funziona il meccanismo di produzione della saliva.
La saliva è prodotta dalla ghiandole salivari eccrine (parotidi, sottolinguali, sottomandibolari e quelle attorno al cavo faringeo) che sono innervate da nervi cranici. Normalmente si produce 1 litro e mezzo di saliva al giorno e ogni minuto deglutiamo dalle 12 alle 20 volte.
Ci sono però dei casi (infezione del cavo orale, assunzione di farmaci, gravidanza o disturbi neurologici) in cui la produzione di saliva è alterata. Si tratta di un sintomo di diverse patologie, tra cui quella del Parkinson, chiamato appunto scialorrea, in grado di provocare complicazioni soprattutto psico-sociali.
Oltre all’eccessiva salivazione dovuta ad un’alterazione del sistema nervoso centrale, nei malati di Parkinson si aggiunge la difficoltà nella deglutizione. Ciò determina una permanenza maggiore di saliva nella bocca, con rischio di infezioni dovute alla macerazione della mucosa.

Come si cura la scialorrea

Da quattro anni c’è un progetto di ricerca al Nuovo Cutroni – Zodda alle porte di Messina guidato dal Neurofisiatra Giuseppe Quattrocchi.
«La vera novità – spiega il Professore – è il trattamento della scialorrea con la tossina botulinica di tipo A iniettata nelle ghiandole sottolinguali e parotidi. All’inizio della ricerca il dosaggio era lo stesso per ogni paziente e questo portava spesso a un eccessiva secchezza delle fauci. Da un anno e mezzo, invece, abbiamo capito che per ottenere risultati ottimali bisogna dosare la tossina in base a quanta saliva viene prodotta e deglutita dal soggetto trattato».

Una svolta da un punto di vista anche psicologico

«Dopo 10 giorni si può già fare una valutazione dei risultati per andare, eventualmente, a modificare il dosaggio – prosegue il professor Quattrocchi – ma solitamente è sufficiente una sola iniezione indolore per un risultato che dura 5/6 mesi. Una svolta non solo dal punto di vista fisico, ma anche psicologico per il paziente che non si sente più in imbarazzo. La tossina però da sola non basta, è necessario una riabilitazione intensiva per esercitarsi alla deglutizione. Nel caso di parkinsoniani trattati con botulino la terapia riabilitativa è di sole tre settimane per due cicli all’anno, contro i 302 giorni previsti dalla terapia classica. Da non sottovalutare, quindi, anche il notevole risparmio che si ha sia dal punto di vista sanitario che sociale, tale da ammortizzare ampiamente il costo della tossina botulinica».

Non più ospedalizzazione

«Oggi l’AIFA ci ha autorizzato a somministrarla anche a domicilio. Evitiamo così l’ospedalizzazione del paziente e tutte le conseguenze negative che ne derivano. Con ulteriori risparmi dal punto di vista psicologico e sociale!» conclude il Professore.

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